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tino poi sovrapose a tale sarcofago una croce di oro purissimo, avente il peso di cento cinquanta libbre. Sopra il sepolcro stesso s'innalzò un altare coperto d'oro e d'argento e di duecento preziose pietre, ed intorno l'altare stavano colonne di porfido che sorreggevano un baldachino di argento dorato. Davanti all' altare si alzavano dodici colonne ad elice: Columnue viteae, di ordine greco e di somma bellezza, le quali separavano il presbiterio; Sancta sanctorum. Dietro all' altare nel fondo dell'abside era la sedia o il trono papale. Tutta la chiesa interiormente era intonacata di mosaici, e superiormente alle colonne della navata mediana le pareti erano coperte dalle imagini dei Papi e da storiche rappresentazioni dell'antico e nuovo testamento.

I mosaici della vôlta della abside rappresentavano superiormente nel mezzo il Salvatore assiso sul trono ed in atto di benedire colla destra in maniera greca (*). Appresso al Salvatore stavano amendue i principi degli Apostoli

(*) I greci benedicono stringendo in un anello insieme il pollice ed il dito annulare, ed alzando gli altri diti, onde significare con questi tre la SS. Trinità, e cogli altri due uniti la unità nella Trinità. I latini alzano i primi tre e stringono assieme gli altri per significare coi primi alzati la SS. Trinità, e cogli altri due la duplice natura di Gesù Cristo.

e vi erano aggiunti i loro nomi con lettere disposte in linea verticale. Vi erano anche palme da ogni parte, simboli del trionfo e della gloria celeste. Ai piedi del Signore sgorgavano i quattro fiumi dell' Eden, nelle cui acque dissetavansi due cervi. Inferiormente erano raffigurate le città di Gerusalemme e Betlemme, dalle cui porte uscivano agnelli, vale a dire fedeli, che abbandonando l'ebraismo e il paganesimo si avviavano ad abbracciare il cristianesimo i quali quindi s'affrettavano di giungere nel mezzo sino al trono, dove stava eretta la croce. Davanti a quella croce vedeasi l'agnello di Dio dalle cui piaghe scaturivano le fonti delle grazie.

Costantino fece costruire questi mosaici, i quali poi guasti dal tempo dovettero essere ricostruiti più volte; una parte di essi fu trasferita nelle grotte sotterranee dell'odierna Basilica di san Pietro fin dal tempo della sua costruzione, e vi esiste ancora presentemente. Alla conservazione di quella prima e grandiosissima Basilica l'imperatore Costantino assegnò copiosi proventi nelle varie regioni dell'impero. A tal' uopo Alessandria d'Egitto, Antiochia di Siria, Nicea di Bitinia ogni anno inviavano una quantità di aromi, incenso, balsamo, olio d'oliva, lino ed oro.

III.

UNIVERSALE VENERAZIONE DI S. PIETRO

DA PARTE DELLA CHIESA NEL CORSO DEI SECOLI

1. Da poi che l' Imperatore Costantino ebbe innalzata sul sepolcro di s. Pietro la sontuosa Basilica, crebbe oltre ogni imaginabile misura la venerazione dei cristiani ed il numero dei pellegrinanti a quel sacro deposito. Ineffabile spettacolo, che alla Roma degli Scipioni e dei Cesari non venne mai dato, e che appartiene soltanto alle divine vittorie della fede cristiana, si fu questo maraviglioso spettacolo di Principi, Re ed Imperatori accorrenti da ogni luogo e per tanti secoli a prostrarsi sulla tomba del primo Apostolo ed a glorificare con omaggi e doni il Pescatore di Galilea. Così in Roma davanti al sovraumano trionfo della croce divina ecclissavansi gli inumani trionfi della spada desolatrice come i languidi splendori degli astri notturni spariscono davanti alla sfolgorante luce dell' astro diurno. S. Giovanni Grisostomo e s. Agostino ci narrano, come di già ai loro tempi i monarchi delle nazioni conducevansi in Roma alla tomba del principe degli Apostoli e deponendo le loro corone e le regali insegne, si prosternavano a baciare devotamente il sacro

deposito delle sue reliquie. Per amore di brevità accenneremo solamente alcuni fatti.

L'Imperatore Giustino I (518-527) offeriva al venerato santuario una ragguardevole quantità di vasi d'oro e d'argento e preziosi paramenti e tappeti; Giustino II (565-578) e la augusta di lui moglie offrivano quella croce (*) la quale si conserva ancora nel Palazzo vaticano colla denominazione dei donatori. Una singolare devozione a s. Pietro ed alle sacre di lui reliquie professava Carlo Magno, di cui l'istoriografo suo ci narra, che in tutta la vita non ebbe mai tanto a cuore alcuna cosa quanto la tutela e l'abbellimento di quel primo santuario di Roma e di tutto l' orbe cattolico.

Egli fece rivestire con lamine d'oro tutta la cosidetta confessione, cioè la tomba di s. Pietro ed ergere davanti ad essa quel candelabro, che foggiato a croce sosteneva 1360 candele. Esso veniva acceso quattro volte all' anno vale a dire nelle feste del Natale, di Pasqua, di s. Pietro e Paolo, e nel giorno anniversario della elezione del Papa. E come presentemente in quei di festivi viene illuminata la cupola e la facciata di s. Pietro, così allora nei medesimi giorni si illuminava tutto l'interno della Basilica con innumerevoli facelle, che fiammeggia

(*) Monografia di Borgia: De cruce vaticana Rom. 1779.

vano quali entro le lampade d'oro e d'argento, quali su preziosi candelabri d' altro metallo, sugli altari e dattorno alle colonne e alla confessione e sui fregi delle pareti davanti la confessione stava ancora un altro candelabro di bronzo dorato, che protendeva all' intorno cinquecento rami o braccia in forma di delfini.

2. I successori di Carlo Magno sul trono germanico, seguendo l' esempio di lui, si recavano ad onore di condursi in Roma per visitare la tomba di s. Pietro e per ricevere dal Sommo Pontefice la loro incoronazione. A tal uopo Enrico II il Santo nell' anno 1114 venne con s. Cunegonda sua moglie a Roma, e dopo la festività della incoronazione appendeva la sua corona sopra la confessione in segno di grato riconoscimento ed in perenne memoria delle grazie ch'egli avea ricevuto su quel luogo.

Fra Re ed Imperatori, ventitre furono i monarchi che nella Basilica di s. Pietro ebbero incoronazione; l'ultimo è stato Federico III, e fu Nicolò V che gli pose la corona germanica sul capo (*).

(*) Carlo V fu l'ultimo Imperatore germanico, che facesse solenne entrata in Roma. Vi giunse nel dì 5 Aprile 1537 alle feste pasquali, e vi entrò dalla via Appia, e Paolo III lo accolse colla più grande pompa al Vaticano. (Pompa, apparato e ceremonia della solenne entrata di Carlo V. Cancellieri: Storia dei possessi dei Papi).

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