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onde il Davanzati altresì, a cui piacque vestir le brache all' antica, volle pur dire le Letta, e le Tetta ec.

(11) Ottimamente usa qui Dante la voce Moleste, relativamente al Cargo detto di sopra: poich' essa, come osservò il Passerat, è fatta da Mola, ch' era la pena de' Servi, che più lor dispiaceva: e vuol dire: non siate contra me sì cruccioso di lasciarmi più a lungo sotto il peso de'miei peccati ec.

(12) Di questo stesso argomento si valse poi anche Ezechia (a): Perciocchè l'Inferno, -diceva questi, non darà gloria a te; nè la Morte loderà te: quelli, che scendono nel lago, non ispereranno nella tua verità.

(13) Si ricorde, invece di Si ricordi li cenza usata in grazia della rima non pur da Dante, ma dal Petrarca eziandio, che così scrisse: Che convien, ch' altri impare a le sue spese (b) invece di Impari.

(14) Intende dell' eterna morte poichè nella morte naturale le anime, separatesi da' loro corpi in grazia di Dio, seguitano ad amar lui, , e a lodarlo. E l'interpretare, che alcuni han fatto, il Profeta, come se avesse parlato della semplice natural morte, considerando qui solo i corpi da se nel sepolcro disanimati, una stiracchiatura, e scipitezza assai frivolà.

(a) Isaiæ cap. 38. v. 18.

(b) Ganz, Mai non vo più cantar,

(15) Cioè, se tu mi sgravi della colpa, che sommamente mi pesa .ec.

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(16) Intende sotto il nome de' suoi Nimici, tutti coloro, che l'hanno indotto a peccare; tanto Uomini, che Demonj e dice di essere afflittissim sulla considerazione principalmente, d' essersi invecchiato nella sua colpa; cioè d'aver in essa perseverato per molti mesi da che quando Natano fu ad ammonirlo; già gli era nato di Bersabea il figliuolo: onde per lo men nove mesi dalla sua colpa esser dovean già trapassati. Davide poi quì altamente si umilia, per muovere più a pietà, di lui il Signore: paragonandosi, e posponendosi infino, per questa sua lunga durazione nel peccato, agli stessi Demonj.

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(17) Conducesti invece di Conduceste. Lionardo Salviati (a) scrive, che Voi mostrasti, Voi diresti, e simili, invece di Voi mostraste, Voi direste ec., eziandio nel miglior secolo, non che nella favella, alcuna volta trascorsero 'nelle scritture; e ne allega non pochi esempli, tra quali sono: Io vorrei, che voi mi vedesti (b): Voi perdonaști alla Maddalena (c): Per quello, che voi mi dicesti (d): Voi facesti tanto, che voi avesti Consoli ec. (e): ed è dive

(a) Avvert. lib. II. Cap. 1o.

(b) Boccac. Giorn. VIII. Nov. 9.

(c) Tav. Rit.

(d) Stor. di Barlaam.

(e) Stor, di Livio.

nuto

nuto idiotismo si proprio de' Fiorentini, il valersi della seconda voce del singolare, invece di quella del plurale, che Giambattista Strozzi nelle sue Osservazioni intorno al Parlare, e Scriver Toscano (a) afferma infino, che sarebbe soverchia esquisitezza nel parlare, o scrivere famigliare, il dire, Amavate, Sentivate ec. invece di Amavi, Sentivi ec. Onde non è maraviglia, se i Poeti si lasciarono talora o dalla necessità della rima condurre a di dire, ovvero dalla strettezza del verso; come fece Guittone d' Arezzo, che così scrisse : Sospira il core, quando mi sovvene.

questo modo

Che voi m' amavi, ed ora non mi amate. e nel Sonetto Mille saluti v mando ec.

E come a visco augel m'avi pigliato. Ma queste son licenze da non praticarsi, che per grave bisogno ne' Versi: perchè quanto alle prose i buoni scrittori, lasciando a Fiorentini così fatto idiotismo, scriveranno sempre giusta piuttosto la buona regola, che secondo I'abuso di quelli.

(18) Invece di Oime (Interjezione); ovvero Ahi lasso! che altri disse, o simil cosa. Omei poscia, invece di Oimé, fu non solamente dall' Alighieri, ma da altri ancora adoperato. Così il Boccaccio (b):

(a) Pag. 52.

(b) Amor. Vision. Capt. 8.

In abito crucciato con costei
Seguia Medea crudele, e dispietata :
Con voce ancor parea dicere, Omei!
E Cino da Pistoja (a):

Cui non rimase vita,

..Ne lena tanta, che dicesse, Omei! Ed altro Antico (b):

Finir non deggio di chiamar Omei! (19) Cioè m'ha preso sotto la sua protezione, a sotto l'ombra dell' ale trove questo Poeta si esprime, re

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sue, come al

(20) La parola Rogna, usata da Dante altresì nella Cantica dell' Inferno, dispiacque veramente al Bembo, al Nisieli, e ad altri Critici, che riguardandola come incivile, e sordida, ne lo censurarono però, e nel ripresero d'averla usata. Ma a giudicare con rettitudine, io credo, che a' tempi di Dante non fosse la medesima si stomachevole, e brutta com' è poi divenuta, e com era a tempi del Bembo. Il Menagio nelle Origini della Lingua Italiana deriva si fatta voce dal Rubigo de', Latini, per queste vie: Rubigo, Robigo, Robiginis, Robigine, Rogine, Rogina, Rogna; per esser la Rogna, com'ei dice, quasi la Ruggine dell' Uomo e in questa opinione segue egli il Ferrari. Ma ci vuol, ben della forza per Lenere a sì fatte etimologie le risa. Rogna è fatto dal Ronger de Francesi che significa

(a) Madr. Donna il beato punto.
(b) Rim. Ant. lib. X. Canz. Oimė lasso.

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Rodere: onde Ronge, Rodimento, che si è poi da' Francesi applicato alla ruminazione degli animali; e in Provenzale, Rongia per Rosione. E poi nota la trasposizione, che in non poche. parole fu praticata della G, e della N; onde Ponghiamo, e Pogniamo, si dice per esempio in Italia, Spongia, e Spogna, Venga, e Vegna, Tenga, e Tegna. Così di Rongia ci venne Rogna. Il Bastero (a) infatti questa voce tra quelle pur numera, che ci cl.sono dalla Provenza venute. Ora tal voce, come nuovamente nella nostra favella a' tempi di Dante introdotta ne' quali la parlatura Francese, o Francesca come dice, e narra Brunetto Latini (b), era la più comune di tutti i linguaggi, perchè non potè egli adoperarla con laude in significato di Incentivo, Tentazione, Stimolo, o simil cosa, nel qual senso è qui in fatti usata, come dal. Contesto apparisce? Le Voci acquistano nell' estimazione degli Uomini nobiltà, o bassezza dall' uso, che se ne fa nel parlare. Potè per tanto la detta parola divenire passo passo triviale, e per fin sordida, come la riputarono à tempi loro il Bembo, e il Nisieli, senza che tale fosse ne' suoi principj; e senza che Dante però peccasse in usarla a suoi giorni.

(a) Crusc. Provenz.

(b) Tesqr.

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