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meno artificiosa. Egli vi replica in diverse foggie la proposta sua Supplica: e a rendersi vie più benevolo, e propizio Iddio, lo blandisce, appellandolo il suo Signore, la sua Salvezza, e simili cose; nel che le Virtù Teologiche di questo Profeta, la Fede, la Speranza, e la Carità bellamente rilucono.

Un Salmo si proprio per instruire coloro, che sono caduti in peccato, sulla necessità di rimettersi in grazia di Dio, per trovare tranquillità di animo, e pace dalle interne afilizioni, ed esterne, meritava certamente che la Chiesa l'annoverasse tra' Penitenziali; nell'ordine però de' quali è a ragione il terze.

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I. DOMINI

OMINE ne in furore tuo arguas me : neque in ira tua corripias me.

II. Quoniam sagittae tuae infixae sunt mihi: et confirmasti super me manum tuam.

III. Non est sanitas in carne mea a facie irae tuae non est pax ossibus meis a facie peccatorum meorum.

IV. Quoniam iniquitates meae supergressae sunt capul meum: et sicut onus grave gravatae sunt super me.

V. Putruerunt, et corruptae sunt cicatrices meae a facie insipientiae meae.

VI. Miser factus sum, et curvatus sum usque in finem: tota die contristatus ingredie

bar. VII. Quoniam lumbi mei impleti sunt illusionibus: et non est sanitas in carne mea.

VIII. Afflictus sum, et humiliatus sum nimis : rugiebam a gemitu cordis mei.

İ.

1. O Tu, che il Cielo, e'l Mondo puoi comprendere (1),

Io prego,

che non voglia con furore, Ovver con ira il tuo servo riprendere. II. Perchè le tue saette (2) nel mio core Son fitte (3), ed hai sopra di me fermata (4) La tua man dritta (5), o singolar Signore. III. La carne mia sempr' è stata privata Di sanitade (6), da poi ch' io compresi, Che mi sguardavi con la faccia irata. E similmente son più giorni, e mesi.

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Ch' entro nell' ossa mie (7) non fu mai pace; Pensando, ch'io son carco di gran pesi. IV. Però ch'io vedo, che 'l mio capo giace Sotto l' iniquitade, e'l grave cargo,

Lo qual quanto più guardo, più mi spiace, V. Ahime! ch' il nostro putrido letargo (8). Lo quale io già pensava esser sanato (9) Per mia mattezza rompe, e fassi largo (10). VI. Misero fatto sono, ed incurvato

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II

Sino allo fine estremo (11): e tutto il giorno Vado dolente, tristo e conturbato. VII.Perchè i miei lumbison pieni di scorno (12), E di tentazioni secilerate,

Di Spirti, che mi stanno a torno a torno (13). La carne mia è senza sanitate (14):

VIII. Io sono afflitto, e molto umiliato, Sol per la grande mia iniquitate.

IX. Domine ante te omne desiderium meum: et gemitus meus ate non est absconditus.

X. Cor meum conturbatum est: dereliquit me virtus mea: et lumen oculorum meorum et ipsum non est mecum.

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XI. Amici mei, et proximi mei adversum me appropinquaverunt, et steterunt.

XII. Et qui juxta me erant de longe steterunt : et vim faciebant qui quaerebant animam meam.

XIII. Et qui inquirebant mala mihi locuti sunt vanitates; et dolos tota die meditabantur.

XIV. Ego autem tanquam surdus non audiebam, et sicut mutus non aperiens

Os suum.

XV. Et factus sum sicut homo non audiens, et non habens in ore suo redargutiones.

E tanto è lo mio cor disconsolato

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Ch' io gemo, e ruggio, come fa il leone, Quando e' si sente preso, ovver legato. IX. O Signor mio la mia orazione

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E'l gemer mio, ed ogni desiderio Nel tuo cospetto sempre mai si pone. X. Lo core in me non trova refrigerio Perchè 'ho persa la virtù degli occhi; E di me stesso ho perso il ministerio (15). X1.Equei (16), ch'io non credeva esser finocchi17, Ma veri amici , e prossimi, già sono Venuti contra me con lancie, e stocchi. XII.Equegli, ch'era appresso a me più buono 18, Vedendo la rovina darmi addosso 2

Fu al fuggire più, che gli altri, prono. La onde il mio Nemico a stuolo grosso, Vedendomi soletto, s' afforzava

Del mio Castello trapassare il fosso (19); XIII. Ma pur vedendo, che non gli giovava A far assalti; essendo il muro forte; Con vil parole allora m' ingiuriava (20). E nondimen, per darmi a la fin morte Con tradimenti, e con occulti inganni Pensava tutto 'l dì d'entrar le porte (21). XIV. Ma da poi ch' io mi vidi in tanti affanni, XV. Subito feci come il sordo, e il mutto (22), Il qual non può dolersi de' suoi danni (23).

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