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(76) Cioè il far tali cose, che spettano alle predette due podestà, le quali sono quasi movimenti di due ruote.

(77) Soggiunge qui la Confermazione, e Estrema Unzione, spiegandone i primarj loro effetti unicamente; ne' quali pare, che coincidano. Perciocchè il primo di essi fortifica i Cristani contra gl' impulsi del Mondo, della Carne, e del Demonio, e gli conferma a confessare, e glorificare il nome di Gesù Cristo onde il nome pure ebbe di Confermazione. Il secondo somministra altresì a' Fedeli vigore, onde infrangere gl' impeti del, Demonio, incoraggisce gli animi loro, e gli fa forti di viva fede davanti a Dio, spezialmente nell' ora più pericolosa del passaggio da questa vita.

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(78) Quel Credere, cioè quella Fede stessa del Cristionesimo.

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(9) Prende qui in fine a parlare del Matrimonio, di cui tre sono i Fini assegnati già comunemente da' Teologi, e riferiti nel Catechismo Romano, col seguente ordine (a). Il primo è la società umana dei diversi Sessi, che istinto dalla natura è appetita. Il secondo è il natural desiderio di propagar la spezie, e di generare. Il terzo è per avere rimedio contra la carnale concupiscenza, dopo il peccato de' primi parenti divenuta insolente: onde scrisse a' Co

(a) Part. II. Cap. VIII. quest. 13.

a Corintj l' Apostolo Paolo: A motivo di non fornicare, ciascuno abbia la sua moglie, eciascuna abbia il suo marito (a). A quest' ultimo fine pon qui mente il Poeta; senza dir altro degli altri fini, che a questo però s' intendon congiunti e ciò solo, perchè il suo principale scopo è di spiegare la Remissione de' peccati, che è il decimo Articolo del Simbolo; per cancellare, sfuggire i quali ha dimostrato averci Dio dei Sacramenti forniti.

(80) Il volto, la faccia, gli occhi, la mente.

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(81) Questi tre altri mezzi per tenerci costanti contra il Demonio servono congiuntamente co' Sacramenti e sono l' Orazione, la Limosina, e il Digiuno, siccome dice qui Dante, conformemente a ciò, che più volte nel vecchio, e nel nuovo Testamento è replicato. Perciocchè peccando noi, offendiamo o Dio, o il Prossimo, o Noi stessi. Colle preghiere per tanto siccome plachiamo Dio, colle limosine soddisfacciamo al Prossimo, e col digiuno laviamo le nostre macchie; così colle prime ci conciliamo la grazia di Dio per non offender10 ; le seconde ci fanno appo' lui rinvenire mi„sericordia, come diceva Tobia (b); e colle terze mortifichiamo la nostra concupiscenza, che ne è l'incentivo. Digionio poi è licenza Dantesca in iscambio di Digiuno.

(a) I. ad Corinth. VII. n. 2 et 5,

(4) Cap. XII, n. 9.

(82) Il Decalogo è la somma, l' epitome di tutte le Leggi, dice S. Agostino: e in esso e racchiuso tutto ciò, che s' aspetta all' amor di Dio, e del Prossimo, che sono quei due scopi, che aver debbono i Cristiani, per esser · quel popolo a Dio accetto, e seguace delle buone opere, come dice S. Paolo (a). Senza l'osservanza di esso la Fede niente rileva. E Dio in fatti prepose quasi per esordio al medesimo: Io sono il Signor Dio tuo, che ti hạ tratto fuori della Terra di Egitto, e della Casa della servitù (b); come se avesse voluto dire: se voi credete, ch' io sia il vostro Signore, e Dio, ecco quello, che avete a fare per dimostrarlo. Altramente dove sarebbe il timor di me, dice egli per Malachia (c)? Se io sono il Signore, dove il timor mio? E questa è la ragione, per cui Dante passa ora ad esporci così fatto Decalogo. (83) Ma non abbiamo, che solamente a benedirlo,

(84) Il vero, e proprio senso di questo precetto è, che una volta alla settimana per lo meno l'Uomo si riposi di corpo, e di spirito, per darsi tutto al Signore suo Dio in uffizj di religione. E agli Ebrei fu determinato spressamente il giorno del Sabbato, perchè a

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(a) Ad Galat. VI. v. 1.

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(b) Exod. Cap. II. v. 1. Ego sum Dominus Deus tuus, qui duxi te de terra Egypti, de domo servitutis. Non habebis ete. ut supra.

(c) Cap. I. v. 6.

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quel rozzo popolo non era bene il lasciar in arbitrio di eleggersi a suo piacimento il giorno. Era esso troppo a' costumi degli Egizj av vezzo: però era facile, che si facesse osservatore delle lore Feste. Ma nella nuova Legge lo Spirito Santo suggeri agli Apostoli di cangiare il giorno del Sabbato in quello della Domenica, per essere in tal giorno risorto Gesù Cristo; onde da lui altresì nominato fu Giorno del Signore che ciò vuol dire Domenica. Quindi Dante disse ottimamente, che riposar dobbiamo non il Sabbato, ma un Di della Settimana, e come apertamente ha stabilito la Chiesa.

(85) Cioè Amore, Ubbidienza, e Rispetto. Perchè, come da Dio il nostro spirito è creato, che ci compone; così mediante la loro opera abbiamo la carne umana, cioè il corpo: onde da loro abbiam l'essere dopo Dio.

(86) Che non infurj contra il tuo prossimo, offendendolo nella vita, e molto meno togliendogliela. Dante Dante nell' ispiegare questo quinto Comandamento, ha avuto di mira l' insegnamento di Gesù Cristo, che nel suo Evangelio (a) così lasciò detto: Udiste ciò, ch' era detto agli Antichi: non ucciderai. Ma io vi dico, che ognuno,

che s'adira col suo Fratello, sarà reo del Giudizio ec.

(87) Dal non offendere il Prossimo nostro nella vita, passa il Signore a vietarci di non

(a) Matth. V. v. 22.

usurpargli le sue sostanze. E hene però Dante usa a spiegare quest altro precetto la voce Rubitore, perchè è fatta da Rubare, e questo da Roba, che significa ogni sostanza; onde tanto è dire Non sii rubatore, quanto è dire', non piglierai al tuo Prossimo nulla affatio.

(88) Questo Comandamento due cose vieta: una espressa, che è l' Adulterio : l'altra che è implicita, è ogni Lussuria. Amendue le tocca qui Dante; questa nel primo verso; e quella nel seguente.

(89) Cioè, che vivi casto nell' animo, e nel corpo, per ogni parte, e universalmente, che tanto vale A tondo: onde il Petrarca (a) pur disse:

El Sole, e tutto 'l Ciel disfare a tondo. (90) Ne quanto a ciò s' aspetta, tu facci altrui disonore, cioè non commetti adulterio; onde disonorare il tuo Prossimo.

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(91) Questo è l'ottayo Comandamento.

(92) S. Paolo scrivendo agli Efesj (b) diceva, che Cacciate da noi tutte le fallacie, misuriamo colla sola verità i nostri Detti, e Fatti; e facendo la verità verità in carità, in lui (Cristo) cresciamo in ogni cosa. Ora colla falsa testimonianza; questa verità, necessaria per piacere a Dio, si mette al fondo, cioè si distrugge.

(a) Trionfo della Divinità v. 22.
(b) Cap. IV. n. 15.

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