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HABITU MAGIS QUAM SENSU. On voit par ce passage, et par quelques endroits de Salvien analogues à celui-ci, que les clercs, les moines, les religieuses portaient des vêtemens particuliers, pour montrer qu'ils avaient renoncé aux joies et aux plaisirs du monde. Saint Jérôme loue Démétriade d'avoir méprisé les biens du siècle. « Quod se non nobilem, non divitiis præponentem, sed hominem cogitarit, incredibilis << animi fortitudo inter gemmas et sericum, inter eunucho« rum et puellarum catervas, et adulationem et ministeria « familiæ perstrepentis, et exquisitas epulas, quas amplæ domus præbebat abundantia, appetisse eam jejuniorum laborem, asperitatem vestium, victus continentiam. » — Il ajoute ensuite: «< Omnem corporis cultum, et habitum secularem, quasi propositi sui impedimenta projecit. Pretiosa « monilia et graves censibus uniones, ardentesque gemmæ a redduntur scriniis, vili tunica induitur, viliori tegitur pal«lio. » Epist. ad Demetriadem.

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VASTATA EST ITALIA. << Non dobbiam però credere che « le cose procedessero nelle altre provincie dell' imperio con più ordine e più vigore. Il ritratto che ci fece Salviano delle cose dell' Africa e delle Spagne e delle Gallic, le orazioni di Libanio e le opere di Sinesio, le omelie di Cri<< sostomo ed altri ragguagli dell' imperio d'Oriente, ci per« suadono bastantemente, che i vizi regnavano fieramente « per tutto. Ma l'Italia era fuor di dubbio di tanto peggior « condizione d'ogni altra provincia, quanto che essa era quella sola che non potea sussistere per sè stessa non a avendo nè uomini che la diffendessero, nè vettovaglie suf«<ficienti a nudrirla e la corruzione generale de' costumi

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<< era tanto maggiore, quanto che tutti i vizi che accompa

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gnano il lusso, erano più altamente radicati e più sparsi « nella città e nella provincia capitale dell'imperio, che al

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<< Strana cosa dovrà parere a taluno, come la religion Cris« tiana che si largamente s'era propagata nel quarto secolo dell' imperio, non valesse a correggere que' disordini, o « almeno non impedisse il peggioramento di uno stato già così florido e così robusto. Veramente non tralasciarono i inveire pagani questo pretesto della rovina di Roma, per

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<< contro del Cristianesimo; quasichè l'abbandono degli anti<«< chi riti ne fosse cagione. Assai è noto che la grand' opera « Della città di Dio fu scritta da sant' Agostino per ribattere

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queste accuse. E che non si è detto e scritto nell' età nostra « intorno agli effetti che opera la religione nella republica? << Ma noi, non abbiamo maggior motivo di dire che le massime e lo spirito della religion Cristiana abbiano indebolita « intieramente la potenza Romana, di quel che avessero quegl' idolatri di querelarsi che l'abbandono delle antiche << cerimonie avesse privato Roma del favore degli Dei. E poichè Gesù Cristo ci ha dichiarato cosi espressamente, « non essere il suo regno di questo mondo, si può dir sicu<< ramente, che in riguardo allo stato politico, la religion « Cristiana non dovea di sua natura portarvi mutazione ve« runa; e che, non dovendosi confondere le virtù Cristiane con le politiche, non dee nè anche parer maraviglia che << nelle storie del mondo s' incontrino principi deboli e poco << atti al governo, e tuttavia religiosissimi. Che se si ha da « ricorrere alla religione affine di render ragione della rovina <«< di Roma, bastera dire con sant' Agostino, che siccome i primi Romani aveano meritato da Dio la prosperità delle <«< armi e la tanta grandezza per le virtù morali che presso a loro si praticavano, così lo stesso ordine di provvidenza « in questi ultimi secoli dovesse facilitar le impresse de' har

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bari, fra i quali si vedeano o più virtù o meno vizi, che « fra i Romani. Ma non è qui luogo d' investigare per quali

« arcani giudizi Iddio abbia permesso l' esterminio di Roma,

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e le desolazione di così vasto imperio, allorchè il numero « de' suoi fideli parea tanto moltiplicato nel mondo. Con« vien piuttosto al soggetto di questi libri l'accennar breve<< mente qual fosse allora lo stato della religione in Italia, « affinchè s'intenda anche per questa parte, qual mutazione vi recassero le invasioni de' Barbari.

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In Roma, buona parte della nobilità e del popolo durava << ostinatamente nell' idolatria. La moltitudine de' ricchi templi; la frequenza e la profusione degli spettacoli, che fa«ceano una parte della religion pagana; il pregiudizio alta« mente radicato, che la protezione de' suoi Dei avesse pro<< curato a Roma l'imperio del mondo; l'odio ed il disprezzo « che da lungo tempo nudrivansi verso i Giudei, da' quali « avea avuto principio la religion Cristiana; in fine la san« tità del Vangelo troppo contrario all' oscurità ed alla libertà « d'un popolo corrottissimo dalla potenza, dall' ozio, dall'

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abbondanza, dall' esempio de' passati principi : tutto questo « manteneva nell'antica religione la maggior parte de' Romani, e spezialmente de' grandi. Nella Toscana si trovava<< no ancor in gran numero e in molta riputazione gli aruspici, a e durava per conseguenza in buona parte di que' popoli « l'antica superstizione. In Milano e nelle vicine città di Lombardia, oltre gli avanzi tuttavia del gentilesimo, l'eresia « d'Ario radicatasi altamente sotto Costanzo, e sostenuta an«< che a' tempi di sant' Ambrogio dall' imperadrice Giustina, «< avea forse non meno seguaci, che la dottrina cattolica. Nè << mancavano in Italia altre sorti d' eresie, e l' astrologia, arte << non meno contrarie alla buona filosofia, che alla vera fede, « regnava assai comunemente per tutto l'imperio. Anche queglino stessi che facevano professione di cattolici, non ne praticavano più, come ne' primi due secoli, gl' insegnamen

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«ti. Che se nella pace che godè la Chiesa sotto i due Filippi, «< i Christiani s' erano tanto rimessi dal primiero fervore ; e l'avarizia, la frode, l' incontinenza, la violenza già tanto di << forza aveano guadagnato nel seno della Chiesa : quanto più sparsi e più comuni doveano essure i vizi tra i fedeli, allorchè la religione Cristiana era divenuta la religion dominante, e non pure con sicurtà, ma con isperanza di << temporali vantaggi si professava la fede di Cristo ? Allora rimescolatasi la santità della religione con le passioni inseparabili dall' umanità, e a cui soggiace per l'ordinario il più gran numero de' viventi, si venne assai frequente mente « a professare la fede di Cristo, e praticar costumi pagani. «Ma pochi erano per avventura quelli che non conoscessero << il vantaggio della religione Cristiana, e che fossero alieni « dal seguitarne la dottrina così speculativamente e nelle pratiche esteriori. E pochi erano altresì coloro che abbrac«ciando la religione, volessero distaccarsi dalla vita volut« tuosa e profana, a cui quasi tutto l'imperio s'era già da « buon tempo abbandonato, e l'Italia e Roma singolar<< mente, dove la stessa Chiesa di san Pietro era fatta piut<< tosto sala di festini, che casa d'orazione: nè lo zelo de' pon<«< tefici avea ancora nel trecento novantacinque potuto cor« reggere sì gran disordine. » Denina, Delle Rivoluzioni d'Italia, tom. I, pag. 246.

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Ligne 9.

OBSESSA EST ROMA. Salvien veut-il parler de la prise de Rome par Alaric, roi des Goths, ou par Genséric, roi des Vvandales, ou de l'un et de l'autre siége? C'est ce qu'on ignore, car il raconte les invasions des Barbares arrivées aux temps d'Honorius.

Denina raconte ainsi le premier sac de Rome : «

Alarico, « rotta ogni pratica d'accordo con Onorio (AN. 409), nè si « curando punto di quel' effimerico imperadore, che, å guisa « di personaggio da scena, mostrava fuori e nascondeva a suo <«< talento, tornò per la terza volta ad assediar Roma; ed en<< trato dentro vincitore, le lasciò dare un orrido sacco alle « sue genti, le quali, cariche d'immenso bottino, se ne par« tirono dopo diciotto giorni; e portarono orrendo guasto alle «< contrade d'intorno. La più parte di coloro che scrissero di questi avvenimenti, hanno mostrato di maravigliarsi che Alarico, dopo essersi impadronito di Roma, non vi si sia fermato, massimamente avendo forze bastanti da potervisi << mantenere contro gli sforzi di qualunque de' due imperadori, Onorio o Teodosio, avesse tentato di ripigliarla, e «< cacciarnelo via. Ma pochi hanno avvertito la ragione per

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altro manifesta, ch' ebbe Alarico di non soggiornar lunga« mente in Roma. La città era già travagliata dalla penuria de' viveri, prima che i Goti v' entrassero. Le vicine campagne, << se qualche sorta di vettovaglie poteano somministrare in quello stato che i Goti le ritrovarono, erano state da loro, « durante l'assedio e prima, troppo diligentemente spogliate «e rase. L' Africa tuttavia fedele ad Onorio non era per man« dare le solite provvisioni, dove Alarico fosse il padrone. << Bisognava dunque di necessità, ch' egli se n' andasse a pas« cere le sue genti ne' campi della Sicilia o della Sardegna, ambedue isole abbondanti di grano; e di la passasse alla « conquista dell' Africa, che si riputava in que' tempi la più ricca provincia di tutto l'imperio. Tali erano senza dubbio << le intenzioni del barbaro; ma Iddio che si era servito di lui << a castigare i Romani, lo fermò repentinamente in mezzo al << corso, chiamandolo a render ragione delle opere sue (1). << Il sacco che i Goti diedero a Roma, fece per avventura

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(1) Salv. de Gub. Dei, lib. VII.

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