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PREDICA VIGESIMASECONDA

Del modo d'intendere la sacra scrittura.

Tu es ipse rex meus et Deus meus.

Perchè la scrittura, dilettissimi in Cristo Gesù, è fatta dallo Spirito Santo con mirabile artificio, ha bisogno di gran considezione; onde per più facile intelligenza i dottori danno molte regole, quasi come chiavi ad intenderla, e reserrare i secreti di quella, e a concordare quelle cose che paiono contrarie; tra l'altre pongono certe regole di Ticonio donatista, le quali lui fece, poichè lui si convertì alla fede cattolica lasciando l'eresia di Donato eresiarca, e queste regole le corresse poi sant'Agostino, e sant' Isidoro ancora lui le recita. E queste chiavi sono molto necessarie a penetrare i secreti della sacra scrittura, perchè la divina scrittura, (secondo che dice san Giovanni al quinto capitolo) è un libro scritto dentro e di fuori, segnato e suggellato con sette suggelli, sotto i quali sono ascosti sette principali misteri evangelici del nuovo testamento, cioè il mistero della Trinità, dell' incarnazione e predicazione di Cristo Gesù, della passione e morte sua, della resurrezione, della pubblicazione della legge evangelica, dell' ultimo giudicio e della nostra glorificazione. Questi misterii erano suggellati nel vecchio testamento; in questo libro, scritto dentro e di fuora sotto segni, figure e vaticinii de' santi profeti, e massime nel libro de' salmi, erano ascosti tali misterii; e dice san Giovanni, al quale fu mostrato questo libro serrato, che non si trovava alcuno che lo potesse aprire,

e sciorre questi sette signacoli, se non l'agnello Cristo Gesù, Qui habet clavem David, qui aperit et nemo claudit, claudit et nemo aperit. E però lui comunicò questa chiave agli apostoli, e agli altri discepoli, quando, secondo che è scritto, Aperuit sensum ut intelligerent scripturas; ma molto più eccellentemente nel di della pentecoste, dando loro i doni dello Spirito Santo: medesimamente l'ha poi comunicata a' santi dottori. Ma nota, che benchè e' sia solamente una chiave, cioè una potestà e una facoltà data a'santi dallo Spirito Santo, ad aprire questo libro, nientedimeno i dottori pongono molte chiavi, o per dir meglio, molte regole e molti modi da potere e sapere usare e adoperare questa unica chiave. Possiamo ancora dire, e meglio, che questa chiave è Cristo, che apre ogni cosa, ed è generale; questa ci dà poi certe chiavi particolari, e li dottori ne hanno raccolte molte, ma noi ne reciteremo solamente sette. E benchè non sieno tutte ora a proposito, tamen brevemente le reciterò per istruzione di quelli che sono studiosi delle sacre scritturę.

La prima è del nostro Signore Gesù Cristo e del corpo suo mistico, che è la chiesa, perchè la scrittura sacra per la connessione del capo a tutto il resto del corpo, alcuna volta sott'un medesimo contesto senza alcuno intervallo passa dal capo alle membra, cioè, ora parla del capo Cristo Gesù, e immediate senza altro intervallo parla del corpo mistico, cioè delli membri della chiesa, come è nel salmo vigesimoprimo: Deus, Deus meus respice me, che sono parole di Cristo al Padre; e immediate seguita: Longe a salute mea, verba dilictorum meorum. Le quali parole s' intendono del corpo mistico, cioè de' membri suoi spirituali, che sono i fedeli, i quali, uniti per fede a Cristo, fanno un corpo; item nella Cantica dice: Osculetur me osculo oris sui, quia meliora sunt ubera tua vino. Quando dice: Osculetur me osculo oris sui, sono parole del corpo mistico di Cristo, cioè della chiesa sposa di Cristo, la quale desidera i dolci amplessi dello Sposo; quando immediate poi dice: Quia meliora sunt ubera tua vino, sono parole del capo, cioè di Cristo Gesù sposo della chiesa, che commenda la sua sposa. La seconda chiave e regola è del diavolo, capo de' cattivi, e del corpo mistico suo, che sono i cattivi, perche, come dice san Gregorio in una certa omelia: Certe iniquorum omnium capul diabolus est, et huius capitis membra sunt omnes iniqui. E però per la grande unione che ha il capo con il resto del corpo, alcuna volta la scrittura, sott' un medesimo

contesto di parole, e senza alcuno intervallo, come è detto di sopra nella prima regola, parla del diavolo, e delli membri suoi che sono il corpo suo mistico, come verbigrazia Esaia nel quartodecimo capitolo, parlando del Re di Babilonia che era membro del diavolo, immediate senza alcuno intervallo entra a parlare del principe delli demoni, dicendo: Quomodo cecidisti de coelo lucifer etc.; ita che chi non fusse instrutto nelle regole delle scritture, seguiterebbe d'esporre tali parole medesimamente del Re di Babilonia, e così errerebbe, se non in questa, almeno in molte simili sentenze. La terza regola è del corpo del nostro Salvatore mistico vero, che sono i cristiani che gli sono uniti per fede e carità; e del corpo suo simulato insieme, che sono i cattivi cristiani che gli sono uniti solamente per fede; e però in un medesimo contesto di parole e senza alcuno intervallo la scrittura sacra esprime quello che appartiene a' buoni, e quello che appartiene a' cattivi, come è scritto nella Cantica al primɔ capitolo: Nigra sum, sed formosa, filiae Hierusalem. Queste parole sono della Sposa, cioè della chiesa, la quale, quanto a' cattivi che sono in quella, dice: Nigra sum; ma quanto a' buoni che la contiene, sottogiugne: Sed formosa. Chi non avesse questa regola, applicherebbe tutta la sentenza a' cattivi, o non vi troverebbe senso alcuno ragionevole. La quarta, è del tutto e della parte insieme, e del genere e della specie insieme, perchè la scrittura qualche volta in un medesimo ordine di parole passa dal genere alla specie e dal tutto alla parte, e exconverso; onde Esaia nel terzodecimo capitolo, primo parla specialmente contro alla città di Babilonia, dicendo: Onus Babilonis; e immediate passa a parlare di tutto il mondo generalmente, dicendo: A summitate coeli Dominus et vasa furoris eius, ut disperdat omnem terram; poi immediate ritorna a parlare di Babilonia specialmente. La quinta è de littera et spiritu, cioè del senso litterale e del senso spirituale; perchè nell'esporre le scritture si debbe diligentemente considerare quello che s' ha a esporre litteralmente, e quello che s'ha ad intendere secondo il senso mistico e spirituale; onde dopo il senso litterale, si debbe cercare il senso spirituale, e dopo un senso litterale manco principale, si debbe investigare il più principale e il più intento dallo Spirito Santo. La sesta, è de' tempi, chè la scrittura qualche volta computa le minuzic de' tempi, cioè tutto il tempo, e non ne lascia punto; qualche volta lascia certe minuzie e particelle, acciò che il senso mistico meglio e più

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perfettamente s'intenda. La settima regola è dell' anticipare e recapitulare, perchè nella scrittura qualche volta le cose si narrano per anticipazione, cioè innanzi che le sieno fatte; qualche volta interviene, che quelle cose, che prima sono fatte, poi per ricapitulazione si scrivono. Or vedi che noi abbiamo recitato queste regole più distesamente che noi non pensavamo, solamente per venire a quella che fa a nostro proposito, che è la terza, del corpo del nostro Salvatore mistico, che sono li buoni, e del corpo suo mistico simulato e non vero, che sono li cattivi; perchè voi vedrete nel processo del parlare, Asaph e David qualche volta tenere la persona de' giusti, qualche volta la persona de' peccatori e qualche volta de' perfetti e qualche volta degl' imperfetti; e però non vi maravigliate, se allora nel processo dell' esposizione io non replicherò queste cose. E nota che se l'uomo vuol queste cose facilmente e prontamente intendere, e che non gli paia troppo strano, bisogna che e' faccia familiarità col parlare e col modo del parlare della scrittura. Se tu vai in qualche paese discosto, dove sia una lingua a te ignota, e voglia abitare e fare faccende tue in simili luoghi, bisogna che tu ti faccia familiare quella lingua, se tu la vuoi pigliare e intenderla perfettamente; perchè in principio, tutte le lingue paiono strane, ma se l'uomo vi s'assuefà a poco a poco, in fine poi gli pare facilissima. E però dovete considerare quante cose si ricercano a volere intendere le scritture; imperò che primo, si richiede la purità del cuore, la quale s'acquista in domare le proprie passioni e levare l'affetto da queste cose terrene; secondo, un lungo esercizio nel viver bene, perchè e' non basta domare li vizii, che e' bisogna ancora esercitarsi nelle virtù, e non solamente un anno, non cinque, non dieci, ma lungamente, ita che l'uomo abbia fatto un abito nel bene operare; terzo, leggere spesso le sacre scritture e farsi familiare il modo di parlare di quelle, come ho detto di sopra; quarto, servare le regole, che mettono i dottori nell' esporre le scritture, e non si partire da quelle; ultimo, darsi alle sante meditazioni e contemplazioni; ita che e' bisogna spesso starsi da se e fuggire il consorzio degli altri e fare orazione spesso, e in questo modo s' acquista l'intelligenza delle sacre scritture. Ora se i nostri cristiani considerassino quanto tempo si mette in acquistare queste cose, non direbbono, come tutto 'l di dicono: io voglio studiare prima logica e filosofia, e darmi alle sottilità, e poi io mi potrò meglio dare alle scritture sacre.

Oh, non s' ha egli qualche volta a studiare di queste cose? Si ; ma non vi consumare tutto 'l tempo della vita sua; bisogna queste scienze umane passarle via presto, e darsi alla buona vita, e a poco a poco contemplare le scritture sacre e farsele familiari. Ma i cristiani moderni fanno a rovescio, mettono dimolto tempo nell' imparare questioni e utri, e non studiano le scritture, nè attendono alla buona vita; poi in un tratto vogliono diventare maestri. E però non è maraviglia, se la scrittura non li degna, ma gli scaccia da sè, come stranei e ignoti. Oh grande ignoranza degli uomini oggidì; veggono che le scienze umane s' acquistano a pena in lungo tempo, e dannosi ad intendere in un anno potere acquistare la scienza di Dio! Oh stolti e tardi di cuore! Oh non è egli buono studiare le scienze secolari? Io t'ho risposto di sopra in che modo tu hai a fare. O pure che ne di' tu, padre? Io non so che rispondermi; io dirò come disse san Francesco a' suoi frati, che lo domandorno, se e' voleva che gli studiassino nelle scienze; rispose di sì; ma primo e principalmente fare orazione, come facevano gli Apostoli. Così dico a voi; non è male imparare le scienze secolari; ma più presto dobbiamo attendere a fare orazione, e mortificare le proprie passioni, e poi darci alle lezioni delle scritture sacre; perchè allora facilmente le intenderemo senza tanta logica o filosofia. Ma lasciami riposare, e mostrerotti ancora meglio quanto sieno negligenti oggi li cristiani a questo.

Tre grandi stoltizie veggo essere ne'cristiani moderni; perchè e' sono simili a' figliuoli stolti che sono mandati da'padri loro a studiare in legge. Alcuni di loro a ogn' altra cosa attendono, eccettochè alle leggi; chi si dà all'arte oratoria, chi alla poesia, chi alla musica, chi all' astrologia, e di rado e molto da lungi guardano i libri delle leggi. Alcuni studiano sì bene, ma solo i commenti, e non veggono mai li testi. Costoro non possono diventar dotti, perchè lasciano il fondamento della dottrina. Altri veggono bene li testi delle leggi, ma non attendono all'intelligenza nè all'intenzione di colui che ha fatta quella legge, ma solamente attendono all'ornato di quelle parole, come le suonano bene, e alla gravità di quelle sentenze, e imparanle a mente per poterle poi allegare, e in fatto non le intendono se non superficialmente. Così fanno i nostri cristiani; lo studio principale de' quali doveria essere l'orazione e la contemplazione, perchè tutta la perfezione de' cristiani è la carità, la quale massime

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